“Aprile, parcheggio davanti al Pedocin, una turista ferma una signora all’uscita, una tipica bagnante over 70, che presenta già un colorito tra il bronzo e la carbonella.
Turista: mi scusi, è questo il famoso stabilimento Lanterna?
Anziana: sì sì questo, ma lo ciamemo Pedocin.
Turista: ah capisco, l’ho letto su una guida, come particolarità di Trieste.
Anziana: ma lei la xe foresta? Se vuole le spiego come funzia.
Turista: sì grazie, mi piacerebbe. C’è un biglietto? Si entra divisi uomini e donne subito?
Anziana: alora lei la entra, paga il biglietto, poi lo deve fraccare in te la macchinetta che lo timbra. E va dalla parte delle donete.
Turista: ci sono sdraio? È attrezzato?
Anziana: no, le consiglio di portarsi una roba morbida da mettere sotto perché se no i sassetti ghe rovina il cul.
Turista: ma è un bagno naturista?
Anziana: no, non ci sono ‘ssai piante e no xe alberi.
Turista: intendevo se è un bagno naturista, cioè se si fa nudo integrale.
Anziana: orca no dei. Siamo in tante in topless, ma teniamo sempre coperta la parussola!”*
*EL PEDOCIN di Micol Brusaferro ed. Bora
Lo scorso mese di Aprile il Laboratorio di Fotografia di Viaggio, intrapreso presso Lilith Studio Gallery, mi ha portato a Trieste per sviluppare un progetto fotografico legato al tema del confine.
Trieste è una soglia, una terra di passaggio, un corridoio dove da sempre i flussi continuano a transitare e a mescolarsi.
È la città più cosmopolita d’Italia, un crogiuolo di razze, un frullato di religioni e lingue diverse. Trieste appartiene al mondo più che ad un luogo solo.
Tuttavia, proprio a Trieste, sul molo dei Fratelli Bandiera, in pieno centro, si trova quello che molti hanno definito l’ultimo muro d’Europa.
La Lanterna è uno stabilimento balneare incastrato tra il vecchio faro del porto e un terminal traghetti. Ha lo stesso nome del faro, anche se i triestini prefesiscono chiamarlo Pedocin. Dalla sua inaugurazione nel 1890, il bagno marino La Lanterna ha mantenuto un muro liscio e invalicabile tra il settore degli uomini e quello delle donne, eretto per impedire atti “contrari alla decenza”, muro che prosegue anche in acqua per diversi metri dalla riva. All’ingresso i bagnanti pagano un biglietto di un euro e si dividono: gli uomini a destra, le donne a sinistra; proprio come succedeva in Chiesa, fino a qualche anno fa. I bambini possono restare nel settore contrario al proprio sesso fino al raggiungimento del dodicesimo anno d’età; dopodiché, separazione obbligatoria.
Sembrerebbe un’imposizione d’altri tempi, frutto di mentalità sorpassate e retrograde. Invece i triestini sono pronti a difendere la divisione del loro bagno da qualsiasi tentativo di abbattere il muro.
Diceva Sigmund Freud: “Il muro che divide le donne dagli uomini per una volta è sinonimo di libertà. Si chiama Pedocin… Qui, dove le triestine per prime hanno conquistato il diritto a prendere il sole, non c’è cruccio ad apparire; e ora è anche un lembo di accoglienza per le musulmane. La libertà non è un beneficio della cultura: era più grande prima di qualsiasi cultura, e ha subìto restrizioni con l’evolversi della civiltà”.
Al Pedocin trovi casalinghe dedite ai pettegolezzi, nonne con i nipoti, molte commesse in pausa pranzo. Trovi imprenditori, pensionati affaccendati nel gioco delle carte. Non c’è una fanatica adesione ai principi della tradizione, c’è il piacere di rispettare le stranezze di una vecchia istituzione, il piacere di arrivare in auto con la moglie, lasciarla alle sue amiche così da potersi dedicare in santa pace alle “ciacole” tra uomini e magari ritrovarla più tardi, al largo, oltre l’ultima boa...
"Giornalista: qual è il successo di questo stabilimento?
Jole: è vicino al centro città, la ciapa la filovia e si arriva subito!
Ucia: ghe conto mi, la sa quale xe la verità? Che noi donne qui stiamo bene perchè podemo vignir lo stesso al bagno anche se gavemo le mulze, i pei, la tetta fiapa o un brusco sul cul!" *
*EL PEDOCIN di Micol Brusaferro ed. Bora
“Il bagno Lanterna attende da sempre. Trieste non parte. E la tradizione diventa dimora dove la memoria è conservata con l’attenzione orgogliosa del gioiello, il gioiello più bello e caro della città” – Pino Roveredo.
A partire da oggi, 4 Novembre, questo progetto "Oltre l'ultima boa" sarà esposto, insieme a quello degli altri partecipanti del Laboratorio di Fotografia di Viaggio, in una mostra fotografica collettiva, a cura di Silvia Bigi, WE WALK the LINE presso Lilith Studio Gallery, via di Roma 82Y , Ravenna
Vi aspetto per il vernissage questa sera, ore 19:00.
La mostra sarà visitabile fino al 18 Novembre.
Per info lilithstudiogallery@gmail.com
Grazie a Laura Bilucaglia per i suoi preziosi consigli sulla città, sul Pedocin e per la sua ospitalità presso il B&B Atelier Lidia Polla.
Grazie al mio compagno di viaggio.
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