Emilia: "Mamma, dove sei stata ieri sera?"
Laura: "Sono stata all’Inferno".
Emilia: "E sei sopravvissuta?"
È possibile sopravvivere all’Inferno?
Molti nel corso della loro vita hanno dovuto attraversare inferni fisici o spirituali affrontando il buio della disperazione. Chi è sopravvissuto, probabilmente, è perché aveva uno scopo, perché lottava per qualcuno o insieme a qualcuno.
Dante è sceso nel regno dei morti, incontrando gli esseri più immondi e pericolosi, non a caso, ma per rivedere la donna che amava e che aveva perduto. È l’amore che ha spinto Dante a intraprendere questo viaggio straordinario nell’aldilà (“l’amor che move il sole e l’altre stelle”).
L’Inferno messo in scena dal Teatro delle Albe, per Ravenna Festival, ci insegna che senza gli altri non siamo niente. Il Virgilio/Marco Martinelli afferma, a fine spettacolo, che nessuno si salva da solo ma ci si salva insieme, condividendo il cammino.
D’altronde, l’inferno sono gli altri, come sosteneva anche Sartre nel bellissimo Porta Chiusa, perché la cattiveria esiste ed è insita in ognuno di noi.
Chi sono questi altri? Non sempre sono degli sconosciuti, a volte sono gli amici, i vicini di casa, molto spesso i parenti.
L’Inferno, a cui ho assistito venerdì scorso, è una rappresentazione corale e coraggiosa che, fino al 3 luglio, per 34 sere (34 sono i canti dell’Inferno), trasforma i cittadini in figuranti per mettere in scena le nefandezze del mondo e le brutalità dell’essere umano, sotto la guida di due splendidi Virgilio contemporanei, Ermanna Montanari e Marco Martinelli e di tutti gli artisti della Compagnia delle Albe.
Persone comuni, senza limiti di numero, età, lingua o preparazione specifica, che trasformano la città in un palcoscenico. Persone comuni che declamano la Commedia con tutta la naturalezza possibile. E la Commedia è tutt’altro che semplice poiché scritta in una lingua ormai distante da quella che parliamo e leggiamo oggi.
Grazie a queste persone, in seicento hanno risposto alla chiamata pubblica del Teatro delle Albe, oggi Dante è quanto mai vicino ed attuale.
Nell’Inferno dantesco rivisitato dalle Albe, come nella vita di tutti i giorni, ci si imbatte continuamente in uomini e donne pieni di difetti, di imperfezioni, di paure.
Avari di denaro e di sentimenti, o persone che il denaro lo sperperano senza comprendere quali siano, invece, le autentiche ricchezze.
Militari che ti tengono in ostaggio e ti lanciano occhiate feroci.
Giovani innamorati che sfidano le convenzioni e che, per questo motivo, sono destinati ad essere sballottati per l’eternità da un vento nero ed incessante.
Uomini di chiesa corrotti e corruttori. Ruffiani adulatori.
Ladri tramutati in serpenti, qui fortunatamente hanno le mani legate perché non rubino ancora.
Ma i peggiori che si possono incrociare, lungo il cammino, sono i traditori. I tanti Giuda, Bruto e Cassio che popolano le nostre vite. Sono i più infami di tutti, perché capaci di pugnalarti alle spalle con il sorriso sulle labbra.
E come si conclude l’Inferno?
Superando tutte le prove, comprendendo che si può soffrire, che la sofferenza ci spinge in avanti e che, prima o poi, passa.
Chi non è riuscito ad acquistare un biglietto per l’Inferno, nonostante le 34 repliche in programma, non disperi. Nel 2019 andrà in scena Purgatorio, e nel 2021, anno in cui si celebrerà il 700° anniversario della morte del Poeta, Paradiso.
Il viaggio, dunque, è ancora lungo per riveder le stelle.
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